Confcooperative Habitat è intervenuta nella discussione della VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera sull'esame delle proposte di legge relative alla "delega al Governo per l’aggiornamento, il riordino e il coordinamento della disciplina legislativa in materia edilizia".
Alessandro Maggioni, presidente di Habitat, ha preso la parola in audizione mercoledì 8 novembre, nella sessione presieduta dall’On. Nazzareno Santilli, a cui ha partecipato anche il direttore di Habitat Valerio Pellirossi, sottolineando l'impellente necessità di procedere a un riordino e a un coordinamento che porti veramente chiarezza nella legislazione urbanistica ed edilizia.
In particolare si è concentrato sulla necessità di introdurre maggiore "chiarezza, uniformità e strumenti più snelli" nel processo di pianificazione e attuazione urbanistica nazionale, garantendo al contempo trasparenza e partecipazione, anche nel coordinamento fra legislazione nazionale e regionale. L'obiettivo - ha dichiarato - è superare le complessità procedurali che spesso rallentano gli interventi, in particolare quelli di edilizia abitativa promossi dal settore cooperativo, senza erodere spazi di informazione e pubblicizzazione dei processi di trasformazione.
"Alla luce di alcune esperienze di leggi regionali che facevano professione di semplificazione, arrivando al contrario a rendere tutto più complesso, tecnocratico, e “iper interpretativo” (con orge di ricorsi, denunce, pareri, sentenze e blocchi delle attività), siamo convinti - ha continuato - che ciò che serve realmente è sicuramente un riordino del quadro da un lato – senza buttare via acriticamente quanto di buono c’era, c’è o potrebbe tornare a esserci – e chiarezza definitoria dall’altro (come diceva Calamandrei nel suo “Chiarezza nella Costituzione” a proposito della nostra Carta fondativa), così da evitare torsioni linguistico/giuridiche che poi divengono confusioni amministrative o giudiziarie.
I punti chiave emersi:
1. Uniformità e chiarezza delle categorie di intervento
Si condivide la necessità imprescindibile di "revisionare e rendere univoche le categorie di intervento su tutto il territorio nazionale". L'apporto fondamentale consiste nella richiesta di definire chiaramente una "soglia di scala" (quantitativa o morfologica, es. mq di Superficie fondiaria) che stabilisca in modo netto se un intervento rientri nell’ambito puramente edilizio o in quello dell’attuazione urbanistica.
2. Il Permesso di Costruire Convenzionato (PdCC) come via mediana tra Piano Attuativo e Scia
Confcooperative Habitat valorizza il Permesso di Costruire Convenzionato (PdCC) (introdotto dall’art. 28-bis D.P.R. 380/01) come "valida alternativa al Piano Attuativo" per gli interventi al di sotto della soglia di scala proposta.
3. Richiesta di Trasparenza e Partecipazione nel PdCC
- Per garantire piena legittimità e trasparenza allo strumento, si avanza una proposta procedurale specifica:
- Prevedere una definizione chiara e omogenea del PdCC a livello nazionale.
- Introdurre l'obbligo di pubblicazione del progetto e della convenzione definita (per almeno 15 giorni) sul sito internet o Albo Pretorio comunale.
- Garantire un periodo di 15 giorni per la presentazione di osservazioni da parte dei soggetti controinteressati.
- Solo in assenza di osservazioni, il Dirigente comunale può procedere alla firma; in presenza di osservazioni, interviene l'organo democraticamente eletto per le contro deduzioni.
4. Il ruolo decisivo della Pubblica Amministrazione
L'intervento sottolinea come l'efficacia di ogni strumento di attuazione (inclusi PdCC e Piano Attuativo) sia subordinata alla solidità e alla chiarezza delle idee del pubblico (Comune) circa le necessità urbane e le dotazioni collettive che la città deve esprimere. Senza questa visione chiara e programmatica, nessuno strumento risulterebbe pienamente efficace.
5. Riperimetrazione della “ristrutturazione edilizia” e valorizzazione della “sostituzione edilizia”
Sarebbe opportuno cogliere questa occasione per riportare chiarezza anche rispetto al tema della definizione di “ristrutturazione edilizia” perché riteniamo che sia necessario fare ordine, lessicale e urbanistico, su un concetto che è stato ampliato e agevolato in maniera eccessiva. Riteniamo di suggerire, laddove vi siano significativi incrementi di volumetria rispetto all’edificio originario o importanti modifiche di sagoma e sedime che impattino sulla morfologia urbana del contesto in cui la demoricostruzione accade, di semplificare il quadro, dicendo che in tal caso non si parla più di “Ristrutturazione edilizia”, bensì si rientri automaticamente nella “Nuova Costruzione”, con la corresponsione di default del 100% degli oneri urbanizzativi dovuti e con la valutazione dell’impatto di tali interventi sul tessuto urbano e sulla dotazione di infrastrutture e servizi. La verifica della dotazione di standard alla luce del nuovo insediamento va comunque sempre prevista ogni qual volta vi sia un cambio di destinazione d’uso rispetto alla precedente funzione dismessa.
"La città è un organismo complesso che tiene assieme dimensioni multiple: economiche, sociali, architettoniche, religiose, simboliche, estetiche, viabilistiche, securitarie. Ridurre tutto a una questione sola questione tecnica o economico-finanziaria sarebbe un grave errore", ha concluso Maggioni.