leNOTIZIE

In ricordo di Claudio De Albertis

In ricordo di Claudio De Albertis

Anche Federabitazione all'incontro dedicato all'imprenditore alla guida di ANCE Assimpredil.

Categorie: Dalla Federazione

Tags:

Anche Federabitazione ha preso parte all'incontro commemorativo in ricordo di Claudio De Albertis, importante protagonista del settore immobiliare e professionista che tanto ha dato alla riflessione urbanistica sulla città di Milano.

Fra i colleghi e amici intervenuti ha preso la parola anche Alessandro Maggioni, che ha portato il suo ricordo come presidente di Federabitazione Nazionale ma anche, e soprattutto, come amico. Ecco il suo intervento:

 

"Quando Marco Dettori, nelle scorse settimane, mi ha chiesto se avevo voglia di ricordare – in questa serata a lui dedicata – Claudio De Albertis, per tutti noi solo Claudio, ho visto il pudore - che si prova quando ci si confronta con i ricordi evocati dalla morte di una persona cara – soccombere di fronte alla gratitudine per avermi consentito di ricordare un amico vero. Grazie Marco, per questa occasione!

Commemorare qualcuno non è mai facile; si rischia di essere retorici, autocentrati, ipocriti o – peggio ancora – di fare ritratti santificati e anonimi di chi ci ha lasciato.Cercherò, quindi, di bandire retorica, egocentrismo e anestetiche imposture, provando a dire chi è stato per me Claudio. 

Inizio col dire che l’ho conosciuto di persona attorno al 2001, poiché prima mi era noto solo per la sua fama. E la sua fama, nel mondo in cui ero arrivato da un paio d’anni – ossia il mondo della cooperazione edilizia di Confcooperative – era la fama di un avversario; temuto, riverito e stimato. Ma “avversario”. De Albertis, nel mio mondo, era l’imprenditore per antonomasia: una persona dotata di intelligenza e acume, mossa dallo “spirito animale” che alimenta l’economia competitiva. E io, imberbe neolaureato con qualche esperienza amministrativa sulle spalle, quando iniziai a incrociare De Albertis sentivo un misto di rispetto e rabbia. Rispetto perché vedevo in quell’uomo – più vecchio di me di poco più di 20 anni – un abilissimo, giovanile, brillante e intelligente “nemico”; rabbia perché quel “nemico”era dappertutto – incontri pubblici, convegni, incontri istituzionali, riunioni operative – e in quel dappertutto lui era sempre un passo avanti agli altri.

Sì, lo ammetto, all’inizio ho un po’ detestato De Albertis. Ma in poco tempo, complice l’onnipresenza reciproca in più occasioni, abbiamo iniziato a conoscerci; a capire che alcuni muri di stagioni passate del fare impresa e cooperazione a Milano stavano crollando, ad avere su molti temi le stesse opinioni e, quando le opinioni erano naturalmente distanti, a dircelo con sorridente franchezza. E De Albertis è diventato anche per me Claudio, perché finalmente ho potuto conoscerlo per quello che era veramente: una persona di straordinaria apertura, lealtà ed energia.

Con Claudio abbiamo poi vissuto un’esperienza, non ancora conclusa, legata alla vicenda del sequestro dell’area di Calchi Taeggi, a Milano. Eravamo assieme e lo siamo ancora. Una vicenda che ci ha segnato e che lo ha segnato, poiché ho scorto nei suoi occhi l’amara rabbia di chi vede messa in discussione la propria integerrima onestà. Ricordo gli abbracci dopo le tensioni e i “sappi che però ti voglio sempre bene”sussurrati all’orecchio; ricordo le telefonate gaudenti dopo le assoluzioni, quelle depresse dopo i ricorsi e quelle ancora gaudenti dopo le ulteriori assoluzioni. Questa esperienza ci ha provato, non è ancora conclusa – nonostante l’innocenza di tutti e di Claudio in primis sia oggi un sigillo sancito da due sentenze di assoluzione totale – ma ci ha unito ancora di più.  Anche per lui, cari Edoardo e Regina, trasformeremo un danno – questo danno - in una grande occasione. E ce la faremo. 

Ma, per me, come era per me Claudio e cosa mi porto appresso di lui? Claudio, l’ho già detto, era innazitutto intelligente; era un curioso compulsivo, non solo di cose elevate, ma anche di pettegolezzi più o meno grevi. E tutti i gossip che ci riferiva, dannazione, trovavano conferme.Perché Claudio sapeva tutto di tutto. E di tutti.Questa sua curiosità era denunciata dai suoi occhi, luminosi e vivi: quando c’era una riunione o una cena, dopo che Claudio aveva fatto una domanda, vedevi quelle sue pupille intense che iniziavano a guizzare – da sotto i suoi occhialini gramsciani pieghevoli – da uno sguardo all’altro degli interlocutori, come a dire “allora, sono passati due secondi da quando vi ho fatto una domanda e ancora non rispondete?”.  E aspettava, avidamente, di sapere come la pensavi. 

Claudio era un liberale che guardava a destra. Ma se stava in un convegno organizzato dalla sinistra, tutti quelli che lo ascoltavano e non lo conoscevano bene bene, pensavano convintamente che fosse di sinistra. Non perché fosse un camaleonte, ma perché era un vero persuasore, dotato di un grande carisma e di una naturale empatia. 

Claudio era realmente, come mi avevano spiegato i miei primi precettori cooperativi, un vero imprenditore. E per questo, nonostante tu gli volessi bene e lui ti volesse bene, dovevi sempre stare sul chi va là perché, magistralmente capace di curare i propri interessi come ogni autentico imprenditore, se c’era un’occasione e tu non eri stato capace di coglierla ecco che Claudio la carpiva. Era, insomma, dotato di quel sobrio e pragmatico cinismo che distingue il vero imprenditore dai fanfaroni.

Infine Claudio era sorprendente. Ricordo le grasse risate che ci siamo fatti quando - dopo averlo visto in un servizio sul TG1 mentre come un consumato critico d’arte accompagnava il giornalista, presentando la mostra di arte e cibo in Triennale - l’ho chiamato per canzonarlo. Il contenuto di quella telefonata - in cui io lo prendevo brutalmente in giro e lui non solo non si difendeva, ma si prendeva ancor più in giro - è secretato. Perché con Claudio si passava dal registro serio a quello turpe in una manciata di secondi. E si rideva. Di gusto. 

Così come serbo per me le ultime parole che Claudio mi ha detto - in un pomeriggio di fine settembre –quando, su suggerimento di Marco e di Ernesto sono andato a trovarlo nel suo ufficio in Borio Mangiarotti: è stato un congedo commovente, ma pieno di speranza. Perché Claudio era un uomo di speranza. 

Insomma, aver fatto un bel pezzo di strada assieme a Claudio – seppure su carreggiate parallele e con passi differenti (lui almeno venti passi sempre davanti) – è stato un dono. Ma Claudio non ci ha lasciati: io lo rivedo negli occhi determinati di Regina, nel sorriso accogliente di Edoardo e in ogni parola, idea e opera che ci ha lasciato. 

Avevo pensato di concludere questo ricordo di Claudio con una poesia di Emily Dickinson che amo molto. Ma quando, con Marco, abbiamo letto il finale che avevo scritto, ci siamo subito visti Claudio davanti a noi che, con quel suo sorriso beffardo e a labbra strette, ci avrebbe mandato divertito “a quel paese” (…anche se a dire il vero non avrebbe esattamente usato l’espressione “andate a quel paese”!). 

Ecco, per ricordare davvero Claudio, non serve un malinconico richiamo emotivo, ma serve solo pensare a cosa ci avrebbe detto questa sera, ascoltandoci. Ossia, “andiamo avanti, andate avanti”. Ciao Claudio."

Tag:

I commenti sono visibili solo agli iscritti.

Il tuo nome
Il tuo indirizzo e-mail
Oggetto
Inserisci il tuo messaggio ...
x